Superata la galleria della "Pierre Taillé"; che segna l'ingresso della Valdigne, appare sullo sfondo, la superba visione del monte Bianco che, come una gigantesca parete, chiude l'orizzonte. L'altezza della calotta sommitale, 4810 metri, è la massima elevazione d'Europa. Ma ciò che più colpisce, dopo l'emozione del suo improvviso apparire, è la straordinaria estensione della sua base che, da sinistra a destra, pare non abbia fine. Costole rocciose, guglie altissime, increspati ghiacciai stretti da vertiginosi versanti, fanno di questo monte un capolavoro della natura.
Monte Bianco m. 4810 "Tetto d'Europa"
versante italiano. I grandiosi ghiacciai del
Fréney e del Broillà
La catena della quale il monte Bianco è la massima elevazione, si innalza ad ovest dal colle della Seigne, alla testata della val Veni e, dopo un susseguirsi di torri, di guglie e creste, termina degradando, al colle Ferret posto alla testata della valle omonima. I quattro grandi settori che lo compongono sono: Trelatète, Monte Bianco, propriamente detto, Grandes Jorasses e Triolet. Dal versante francese altre catene interne scendono nella valle di Chamonix a formare i gruppi del Tacul, Aiguille de Chamonix, Droites-Verte, Argentière e Trient. Il confine segue tutta la cresta spartiacque principale ad eccezione della cima che, per un errore dei topografi del '700, si trova interamente in territorio francese. versante italiano. I grandiosi ghiacciai del
Fréney e del Broillà
Nastro della Dora che si perde nelle pieghe della valle
Nell'antichità il Monte Bianco (come tale) era ignorato, in quanto, oltre a rappresentare un mondo ostile e misterioso, non era di nessuna utilità pratica. Non così i suoi passi e colli che erano assai frequentati dai nativi dei due opposti versanti. In alcuni documenti del XVI secolo, il Monte Bianco era indicato come "Mont Malet", ricetto di diavoli e streghe. Solo nel 700, a seguito di una spedizione esplorativa, l'ottico ginevrino Pierre Martel, nella sua relazione, indicò l'altissimo monte con il nome "Monte Bianco". Horace Benedict De Saussure, naturalista e studioso, nel 1760, mise in palio una somma in denaro per chi fosse riuscito a calcarne la vetta. Di qua e di là dalla catena, i valligiani stimolati dal premio in denaro, non rimasero insensibili all'invito del De Saussure; dimenticando leggende e superstizioni, affrontarono con grande coraggio il 'gigante' di ghiaccio. Michel Paccard e Jacques Balmat, medico di Chamonix il primo, cercatore di cristalli il secondo, nell'agosto del 1786, salendo lungo la via del versante francese, riuscirono a conquistare la vetta. Fu una grande vittoria che segnò la nascita dell'alpinismo esplorativo sulle alpi.
Traforo del Monte Bianco, a sx, ingresso francese e a dx ingresso italiano.
Il treno per Montevers e L’Aiguille du Dru m. 3754
Esauritasi l'epoca pionieristica, che vide l'esplorazione e la conquista delle maggiori vette del massiccio, il Monte Bianco tornò al centro dell'interesse degli appassionati per le infinite possibilità offerte all'alpinismo sportivo. Non più la ricerca scientifica e l'esplorazione spingeva l'uomo ad affrontare le incognite dei ghiacciai e le impervie vette, ma il desiderio di misurarsi con le difficoltà opposte dalla montagna in una esaltante avventura umana.Il monte Bianco fu il terreno ideale di questo nuovo alpinismo. Con le sue torri di rosso granito, che balzano selvagge dalle colate di ghiaccio; le creste frastagliate in mille guglie; le pareti immense dove lo sguardo si perde negli orridi canaloni, il monte Bianco offre un insieme grandioso di selvaggia bellezza che ha pochi eguali al mondo.
Il ghiacciaio de la Mer de Glace Les Grandes Jorasses m. 4206
I montanari di Courmayour e Chamonix divennero presto guide esperte per le quali il monte Bianco non ebbe più segreti.
II versante valdostano, a differenza di quello francese, è assai dirupato e rotto in numerosi anfratti, dove le forme assumono proporzioni grandiose. Qui Emilio Rey, il 'principe delle guide', lasciò un segno incancellabile del suo coraggio e della sua abilità, dimostrando che il divario tecnico, che sino allora separava le guide di Chamonix, di più lunga esperienza, da quelle di Courmayeur, era colmato. L'eredità di Emilio Rey è passata alle nuove generazioni di guide che hanno portato l'alpinismo valdostano a livelli altissimi di tecnica e di coraggio.
I montanari di Courmayour e Chamonix divennero presto guide esperte per le quali il monte Bianco non ebbe più segreti.
II versante valdostano, a differenza di quello francese, è assai dirupato e rotto in numerosi anfratti, dove le forme assumono proporzioni grandiose. Qui Emilio Rey, il 'principe delle guide', lasciò un segno incancellabile del suo coraggio e della sua abilità, dimostrando che il divario tecnico, che sino allora separava le guide di Chamonix, di più lunga esperienza, da quelle di Courmayeur, era colmato. L'eredità di Emilio Rey è passata alle nuove generazioni di guide che hanno portato l'alpinismo valdostano a livelli altissimi di tecnica e di coraggio.
Ma farei un torto agli alpinisti non professionisti, se non accennassi al loro determinante contributo, sportivo e culturale, dato alla conquista alpinistica del monte Bianco. Agli eredi di Paccard e De Sussure sì devono le intuizioni più geniali e le vie più diffìcili che sono le tappe fondamentali della evoluzione tecnica dell'alpinismo internazionale. Dai fratelli Gugliermina e Francesco Ravelli a Gervasutti; da Cretier a Cassin e sino a Bonatti, vi è una continuità di realizzazioni che dimostra la straordinaria capacità di questi uomini che, pur non essendogli figli, hanno fatto del Monte Bianco l'università dell'alpinismo.
Funivia della Vallèe Blanche.
Funivia a l’Aguille du Midi, sfondo Les Grandes Jorasses
La cresta di Peuterey, il Dente del Gigante, les Grandes Jorasses, l'Aiguille du Midi, l'Aiguille Noire, i ghiacciai della Brenva, del Frèney e Brouillard, sono nomi diventati famosi in tutto il mondo.
Il desiderio di ammirare, tutto insieme, l'intero massiccio può essere soddisfatto salendo in funivia, da Courmayeur, al colle del Chècrouit o alla Tete d'Arp. Ma l'emozione e l'ammirazione saranno ancora maggiori, se si porrà piede sul colle del Gigante, a 3371 metri, raggiunto con la funivia del rifugio Torino. Qui siamo sulla soglia delle segrete bellezze dei ghiacciai e delle torri di granito che coronano la Vallèe Blanche. Le vette che, da lontano, parevano piccole elevazioni, acquistano un'imponenza e proporzioni inaspettate. Ciò che più colpisce, è l'immane parete della Brenva, solcata da colate di ghiaccio e speroni rocciosi, in una fuga di linee verso la sommità, ancora tanto alta da perdersi nel cielo. Da questa straordinaria terrazza naturale, vigilata dalla elegante sagoma del Dente del Gigante, volgendosi a sud, la valle d'Aosta appare come un'oasi verdissima, segnata dal lucente nastro della Dora che si perde nelle pieghe della valle, sfumate all’orizzonte.
La Valle e la Catena del Monte Bianco visti dalla Tète d’Arpy
Per altre informazioni su come arrivare e dove dormire e mangiare :
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Annaemy